La porta del cielo by Eric-Emmanuel Schmitt

La porta del cielo by Eric-Emmanuel Schmitt

autore:Eric-Emmanuel Schmitt [Schmitt, Eric-Emmanuel]
La lingua: ita
Format: epub
editore: e-o
pubblicato: 2024-06-12T22:00:00+00:00


* * *

Babele spuntava dalla terra come una montagna.

Fatta di argilla, Babele sgorgava dall’argilla. Una forza imperiosa l’aveva tratta dal suolo, issata dalle profondità e proiettata in superficie, poi le aveva conferito volume con la stessa veemenza che fa sorgere i vulcani e scolpisce la lava. Il modo insolente con cui troneggiava in mezzo alla pianura dava la sensazione che fosse sempre stata lì. No, gli esseri umani non l’avevano aggiunta al paesaggio costruendola, avevano ubbidito a un disegno tellurico.

Chi era all’origine di Babele? La natura, gli Dei, Inanna? Più mi avvicinavo e più pensavo che fosse Babele stessa. Il suo vigore generava il tracciato dei bastioni, lo slancio delle mura e l’elevazione della Torre, la sua energia la portava a dare del tu al cielo.

Era anche più brava della natura. L’albero perdeva le foglie, Babele manteneva le facciate. L’orzo si rattrappiva, Babele conservava il suo spessore minerale. I fiori vivevano qualche giorno, Babele esibiva i suoi colori tutto l’anno. I rilievi del suolo cambiavano a seconda delle piene, le fortificazioni di Babele rimanevano fisse. La città affermava qualcosa che la natura ignorava: l’intangibilità. Mentre tutto nasce e muore, Babele perdurava. La sua permanenza sfidava le stagioni, le intemperie e l’usura del tempo come gli alteri tori monumentali che sopravvivevano ai loro ben più piccoli modelli.

Babele era il centro intorno al quale si articolava l’universo. Sentieri e canali portavano alla città, campi e pascoli pensavano a nutrirla, greggi e contadini lavoravano per lei. Babele riuniva ciò che era sparso, vi si trovavano i cibi ordinari e quelli straordinari, gli animali consueti e quelli esotici, le piante rare, le pietre preziose. Non solo radunava ciò che offriva il cosmo, ma lo orientava, arrivando a convincersi che era stato concepito in funzione della città stessa. A cosa serviva il lapislazzuli se invece di decorare i suoi palazzi restava al buio dentro la roccia? A cosa servivano i profumi dell’incenso se i suoi templi non li offrivano alle narici dei fedeli? A cosa serviva una tigre se l’unica a conoscerla era l’antilope che veniva divorata? A Babele c’era la tigre, riportata come trofeo da conquiste lontane, era esposta in una gabbia, veniva guardata e commentata. Tutto era a Babele, grazie a Babele e per Babele. Scoprii a Babele quello che nel corso dei secoli avrei trovato in altre capitali, Atene, Roma, Parigi, Vienna, Londra, Berlino o New York. Gloria, successo e importanza erano solo a Babele, ciò che succedeva altrove era niente. Babele aveva preso il potere conquistando il mondo e la rappresentazione che se ne aveva. Regnava al disopra di tutto, luce, scopo, orco tirannico che onorava anche ciò che fagocitava.



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